Nell’assolvere al proprio obbligo assicurativo, l’avvocato dovrà scegliere sul mercato, tra le polizze disponibili, quella che contenga, da una parte, le garanzie minime previste dal Dm 22 settembre 2016 e, dall’altra, che meglio si adatti al tipo di professione svolta ed alla portata economica degli interessi della clientela tutelati.
Il Dm che ha delineato l’obbligo assicurativo per gli avvocati contiene indicazioni ampie circa la portata delle attività che tipicamente denotano la professione forense, nonché dei danni (diretti, indiretti e futuri) che dovranno essere assicurati (articolo 1). Anche con riguardo alla durata nel tempo della polizza, il decreto contiene importanti condizioni minime di assicurazione.
Ove la polizza sia regolata (quanto al regime temporale) dalla cosiddetta clausola claims made, la stessa dovrà prevedere una retroattività illimitata (anche a favore degli eredi in caso di decesso del professionista) ed una“ultrattività almeno decennale”, in caso di cessazione della attività. Questa clausola lega la insorgenza del sinistro (e quindi l’attivazione della polizza), non al momento in cui l’assicurato commette materialmente l’errore professionale, ma a quello in cui per la prima volta il cliente o il terzo danneggiato chiedano materialmente il risarcimento del pregiudizio subito. Se la polizza, dunque, viene attivata solo nel momento in cui il danneggiato, resosi conto del danno subito, chieda conto per la prima volta al legale del proprio illecito, va da sé che il fatto generatore del danno (l’errore professionale) ben possa essere stato commesso anche molti anni prima.
Le polizze oggi in circolazione delimitano proprio questa retroattività ad un numero di anni che è direttamente proporzionale al costo della stessa polizza: più è ampio questo spazio temporale, maggiore sarà il prezzo da pagare per la copertura. Il costo di una assicurazione, infatti, si basa principalmente sulla ampiezza anche temporale del rischio assunto dalla impresa. Sulla legittimità di questa delimitazione temporale si è di recente espressa anche la Cassazione con la sentenza 9140 del 6 maggio 2016resa a Sezioni Unite, in cui ha dato una chiara indicazione di preferire proprio una retroattività illimitata. A tale precetto sembra dunque legarsi la previsione del legislatore delegato, che all’articolo 2 del decreto impone l’obbligo di prevedere la retroattività senza limiti della polizza. Lo stesso articolo 2, peraltro, introduce il divieto per l’assicuratore di recedere dal contratto in caso di sinistro, come normalmente oggi avviene.
Anche il capitolo dei massimali minimi di legge che dovranno essere previsti dalle prossime polizze assicurative è norma di rilevante portata. L’articolo 3 del Dm fornisce una tabella che impone l’importo minimo di copertura, per sinistro e per anno assicurativo, proporzionato al volume di affari dello studio (fatturato) ed al numero di professionisti che compongono la struttura assicurata. Si va così dallo studio individuale con un fatturato annuo di 30.000 euro (che dovrà contrarre una polizza con massimale di almeno 350.000 euro), sino allo studio associato con più di dieci addetti che dovrà stipulare una polizza con un massimale di almeno cinque milioni di euro per sinistro e di dieci milioni per anno assicurativo.
Tutte le variabili legate al tempo della polizza ed alla esposizione massima patrimoniale della impresa assicuratrice, costituiscono variabili di calcolo che incidono sul costo della polizza.